Genova, 2 Aprile 2009
Inizio un discorso possibile sulla pittura recente di Eleni Zafiropulos citando una nota frase di Nietzsche:
“L’arte, come l’amore, è un problema di incantamento”.
Rammento, inoltre, che fu proprio Michel Tapié a intuirne, attorno ai primi anni ’50, il senso profondo, proponendola proposizione essenziale alla formulazione della sua “Art autre”. E’ ora di tornare a testimoniare, pertanto e dopo l’Informale, che la pittura, in quanto pittura, altro non è se non il medium che rimanda all’essenza concettuale di un linguaggio espresso dalla coscienza di chi opera con essa. L’ analogia con il discorso musicale è, perciò, quanto mai manifesta.Per comprenderlo è sufficiente considerare come esso, il discorso fruttato dal linguaggio musicale, appartenga alla produzione – per mezzo del corpo umano o di strumenti – di suoni variamente combinati il cui ascolto provoca una situazione oggettiva che consente la percezione di sensazioni o emozioni soggettive.
Il punto di partenza di chi dipinge è la superficie (che potrebbe equivalere lo spartito) da rendere viva e il dopo, l’appresso, è un successivo e continuo avvicinamento all’apparizione il cui significato consiste nell’evento flagrante della creatività composta e compiuta che aggiunge sapere al sapere.
Da qui muove – quale intervento precipuo di definizioni del tutto materiche e cromatiche praticate come estensione emotiva ed espressiva dell’autoaffermazione attraverso il dipingere – il lavoro della Zafiropulos che, attraverso la elaborazione di campiture bianche e pressoché monocrome, conviene verso risultati, mai metaforici e sempre sostenuti da una sorta di autonomia interna.
La materia pittorica e la luce organizzano, infatti, nello spazio del quadro, una sorta di effusione tutta pittorica che conserva l’immediatezza e la frontalità facendosi luogo rappresentativo di sé, di un sé la cui concretezza riparte dall’evoluzionismo spenceriano e riprende l’estremo raffinamento del vitalismo di Bergson, nonché le funzioni psicologiche della Ghestalt.
Posta perciò la pittura della Zafiropulos nell’accezione di un linguaggio organico al proprio formare, ovvero alla necessità di dare forma a un modo di dipingere fondato sulle funzioni vitali della materia propriamente pittorica e sulla azione della gestualità (siccome le esperienze dell’Espressionismo astratto americano che poneva il dipingere quale trasposizione diretta sulla tela della tensione vitale dell’artista), il significato del quadro è nella espansione organica che mostra e nella interpretazione soggettiva di chi ne osserva l’oggettività concretizzata, con linguaggio corretto e adeguato, dalla espressività esistenziale dell’artista il cui compito è quello di pervenire, mediante il suo lavoro, a zone nuove di sensibilità e di mostrarle a chi ne sappia raccogliere il senso.
Credo sia importante guardare, perciò, le opere qui esposte – iniziando proprio da L’isola di Andros del 2006, ispirata dalla solarità luminosa e calda di una estate greca, assolutamente mediterranea – per comprendere la funzione del dipingere della Zafiropulos che non rappresenta ma che mostra e fa percepire inedite esperienze, anche memoriali, suscitate, visivamente, da alcuni stacchi di colore che dice del colore e delle atmosfere sensibili.
Del resto le contiguità materiche, spaziali e, persino, temporali degli altri quadri presentati, altro non sono se non la pura ostensione di una percezione afferrata visivamente e elaborata da una pittoricità in grado di condensare altre conoscenze.
Per cui la pittura – esibendo, i singoli elementi costitutivi del quadro, sé stessi – presenta la storia dei sentimenti e delle emozioni.
Frugarolo, 12 Ottobre 2006
Dal Naturalismo di percezione, tramite il Naturalismo di partecipazione o informale, ai modi di un Concettualismo new - dada.
Gli architetti/pittori sono, in genere, condizionati dall’esercizio della professione, dall’uso diuturno del disegno tecnico, per cui, in arte, sono inclini alla razionalità, alla schematizzazione più che alla istintività e alla libertà creativa come primum movens.
Ne è un esempio Le Corbusier che, grande architetto e, in pittura, ottimo pittore, trovò nell’ordine mentale e costruttivo del Cubismo il modo più congeniale per manifestarsi in campo figurativo.
Eleni Zafiropulos è, sotto questo aspetto, una eccezione, un caso controcorrente.
Pur essendo laureata in architettura e avendo esercitato la professione, il suo modo di fare arte è ispirato a uno spiccato sentimento di libertà, la sua creatività non è soggetta a vincoli contingenti.
Ha iniziato a studiare disegno e pittura in Atene, nell’atelier di un affermato pittore greco, Kostas Iliadis, fin dagli anni del Liceo e, credo, tale condizione di inizio è stata fondamentale per lo svolgersi della sua arte, specie nella maturità, quando ha lasciato tutti gli impegni professionali.
La sua evoluzione artistica è quanto mai caratteristica ed esemplare.
Partita da un Naturalismo di tipo percettivo – era molto attratta dalla natura, dal mare, dai colori, dalla luce della Grecia, specie insulare, terra delle origini – è successivamente passata a un Naturalismo “di partecipazione”, sostituendo l’interesse per la realtà oggettiva con la ricerca di una realtà interiore, frutto di meditazione sui riflessi che il reale produce sullo schermo della coscienza.
Dalla superficie procede in profondità, verso il nucleo pulsante che costituisce la nostra centralità.
In questa fase si è resa partecipe di una forma di esperienza che ha molte affinità con l’Informale, stabilendo un rapporto diretto con le cose per ricavarne l’essenza.
E’ questo il periodo dei Fiori, dove il fiore - l’entità fiore - diventa l’emblema della natura stessa, l’archetipo che sta a rappresentare la parte per il tutto.
A questo punto, segue un momento in cui si registra una evoluzione di linguaggio, dunque di messaggio.
Eleni punta sulle potenzialità della materia come veicolo del colore e come essenza in sé e per sé per far affiorare i fantasmi soggettivi che non sono solo frutto di antiche, primordiali sensazioni di natura, ma coinvolgono tutta la sfera dell’esistente e dell’esistenziale – biologico e autobiografico.
Materia e materiali – pittorici ed extrapittorici – vengono sottratti alla loro destinazione di degrado e di dissoluzione per essere riproposti come mezzi di estrinsecazione, di comunicazione, conferendo loro dignità estetica.
Eleni autodefinisce la propria poetica nell’ambito di recenti correnti di pensiero artistico che si configurano con il Concettualismo e con il New – Dada.
In ultima analisi, però, è la poesia cui mira ( pictura ut poësis ). Poesia come ultima spiaggia, come il Finis terrae dell’esistere.